Nel lontano 1973 in un teatro di Londra debuttò Rocky Horror  Show.  Un anno dopo il musical diventò anche un film che riscosse un modesto successo,  Rocky Horror Picture Show. In venticinque anni il boom: lo spettacolo, replicato per decine di migliaia di volte in tutto il mondo, è diventato un punto fermo della rock story, e il film oggi è un cult movie che molta gente rivede centinaia di volte. Rocky Horror Show ha fatto una tournée in Italia, il 16 giugno ha festeggiato il suo venticinquesimo compleanno e adesso continuerà a girare il mondo per mesi e mesi
 
 
 
 
Quando rock significava
vivere oltre ogni regola
 
di FABRIZIO ZAMPA
 

Il 16 giugno The Rocky Horror Show ha compiuto venticinque anni: un quarto di secolo durante il quale il musical scritto da Richard O’Brien, dopo il debutto londinese, è stato rappresentato decine di migliaia di volte praticamente in tutto il mondo tranne la Cina, è diventato un film prima di scarso successo e poi cult movie (The Rocky Horror Picture Show, girato nel ’74) e ha fatto spuntare ovunque migliaia di fan club che all’inizio organizzavano veri e propri pellegrinaggi a Londra per assistere dal vivo alle prime repliche dello show. In Italia il fan club più forte è quello di Milano, che da sei anni propone tutti i venerdì  al cinema Messico una proiezione del film a una platea che lo conosce a memoria, è vestita  come i personaggi del musical e partecipa mimando ogni scena, cantando ogni canzone, ballando e invadendo  il palco.
   Insomma, Rocky Horror Show è ormai un mito del musical rock che tiene banco dal lontano 1973, e quest’anno, per il venticinquennale, propone nel suo Silver Jubilee Tour un nuovo allestimento che ha girato con successo l’Italia concludendo le sue repliche al teatro Smeraldo di Milano e adesso è in giro per il mondo.
   Il plot del lavoro? E’ una strana favola nata in un’epoca in cui poteva sembrare molto, molto provocatoria: una coppia, Brad e Janet, va a far visita a un vecchio insegnante, buca una gomma sotto a un violento temporale e fra tuoni e fulmini raggiunge  un castello che ospita un’insolita comunità di transessuali la cui regina Frank’N’Furter sta costruendo un uomo, un ragazzo biondo di nome Rocky. I due si ritrovano coinvolti in una serie di vicende a dir poco sorprendenti e tutte scandite a ritmo di rock, fra follìe, sesso, travestimenti, scambi di partner, tradimenti, uomini truccatissimi in guepière e calze nere, delitti e addirittura fughe nella galassia di Transilvania, fino a una conclusione che non vi riveliamo, ammesso che già non la conosciate, per non togliervi il gusto di scoprirla di persona il giorno in cui vedrete lo show nel suo prossimo tour.
   «Non è un capolavoro, non è Shakespeare, non è Brecht, non ha musica di sublime qualità - dice O’Brien, che ha 56 anni, oggi conduce programmi televisivi seguitissimi ed è uno dei personaggi più amati della tv inglese. - Eppure continua a funzionare, e il suo segreto è uno: la semplicità. E’ una storia semplice, una di quelle favole fantastiche che i bambini vogliono sentirsi raccontare tante volte, così come la gente ama rivivere tante  volte certi rituali. Comincia con una canzone e due personaggi e  cresce e si sviluppa seguendo una lunga e complessa linea piena di sorprese, però resta sempre semplice, tanto che per qualsiasi attore lavorarci è facilissimo».
 

  
Una scena di Rocky Horror Show e a destra il protagonista, Bob Simon
 
 


   La versione di Rocky Horror Show che abbiamo visto, che continua il suo tour e che probabilmente tornerà in Italia in autunno, era interpretata dallo stesso cast, quasi interamente americano, che lo porta in giro per il mondo da oltre sei anni: Bob Simon è Frank’N’Furter, Elisabeth Sayre Yeats è Janet, Gregory Watt è Brad, David Nehis è Riff Raff, Cindy Thrall è Unsherette, Mindy Stover è Columbia, Michael Dalton è Rocky, Eric Garcia è Eddie. Con loro, che cantano e ballano, c’è una band che suona dal vivo: Peter Withfield alle tastiere, Dave Webb al sax e alle tastiere, Neal Talamas alle chitarre, Paul Cullum al basso e Paul Mattews alla batteria.
   Una curiosità: Rocky Horror Show è uno spettacolo provocatorio, sì, eppure non ha mai suscitato grandi scandali. «Il travestirsi in scena - spiega O’Brien - in molti paesi è una vecchia tradizione, e quindi perché scandalizzarsi di fronte a immagini forti, crossdressers, personaggi dal sesso incerto o teorie sull’ermafroditismo che già esistevano nelle tribù primitive di migliaia di anni fa?  Oggi poi è addirittura impensabile, e così vale sempre una frase di Mefistofele che riassume un po’ il senso del lavoro: possiate tutti agitarvi all’inferno. E divertirvi, naturalmente».
   O’Brien non ha avuto bisogno di nessuna ispirazione ai tempi in cui ha buttato giù il copione del musical. «L’ho scritto e basta, e se funziona ancora è perché non è nato per avere successo ma solo perché avevo voglia di scriverlo, cosa che ho fatto con l’innocenza di un  bambino. Alle basi delle favole ci sono sempre le stesse strutture che ricorrono in continuazione e che hanno un significato particolare che colpisce il subconscio. E’ una splendida ricetta per fare uno spettacolo, no?».
   Certo che lo è, e se ci si aggiunge anche il rock il successo è garantito, che sia premeditato o no. Come dimostrano i 25 anni di trionfi di un musical che, visto oggi, non dimostra davvero la sua età.
 

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